martedì 22 aprile 2014

La formazione del plurale


Eccolo qui, il famoso post sulla formazione del plurale promesso, in attesa di quello sulla sinossi, che arriverà la settimana prossima.
Dunque, premetto che l’argomento è ostico (nella mia personale classifica degli argomenti che proprio non riesco a ricordare della grammatica italiana si aggiudica senza fatica il primo posto), ma che la vita moderna, internet e il correttore automatico di word tendono a venirci in aiuto.
Ciononostante immagino che sarebbe carino saper scrivere la forma corretta del plurale anche in quelle occasioni in cui non abbiamo questi strumenti a supporto, dunque, cominciamo dal principio:
In italiano il plurale dei sostantivi si forma (o almeno, dovrebbe formarsi, visto che è un campo in cui le eccezioni abbondano) sostituendo la desinenza, seguendo la regola riportata dalla tabella qui sotto:


Genere
Desinenza singolare
Desinenza plurale
Maschile
O (albero)
I (alberi)
Maschile
E (bicchiere)
I (bicchieri)
Maschile
A (problema)
I (problemi)
Femminile
A (spada)
E (spade)
Femminile
E (luce)
I (luci)
Femminile
IE (moglie)
I (mogli)
Femminile
O (radio)
Invariabile

Esiste, però, una quantità incredibile di sostantivi, detti invariabili, che non forma il plurale secondo queste regole. Eccoli di seguito:
  1. Le parole che terminano in “i” (es: il plurale di “brindisi” o di “oasi” risulterà, appunto, “brindisi” o “oasi”).
  2. I nomi che terminano con vocale accentata (es: il plurale di “città” è, appunto “città).
  3. I monosillabi (il re, i re).
  4. I nomi che terminano in consonante (il bar, i bar).

Ed esistono delle eccezioni alla regola generale. Così succede che:
  1. Alcuni nomi maschili che terminano in “a” sono invariabili (es: il delta, i delta).
  2. Alcuni nomi femminili che terminano in “ie” sono invariabili (es: la serie, le serie).
  3.  I femminili che terminano in “o” sono invariabili, però “mano” fa eccezione (la mano, le mani).
  4. Dei nomi maschili in “-co”, “-go”, alcuni fanno al plurale “-ci”, “-gi” (amico-amici, teologo-teologi), altri “-chi”, “-ghi” (elenco-elenchi, dialogo-dialoghi).
  5. I nomi in “-ca”, “-ga” fanno tutti al plurale “-chi”, “-ghi” se maschili (monarca-monarchi, collega-colleghi), “-che”, “-ghe” se femminili (banca-banche, paga-paghe).
  6. Nomi e aggettivi maschili in “io” con “-i” atona hanno sempre il plurale con una “i” sola se terminano in “-cio”, “-chio”, “-gio”, “-ghio”, “-glio”, “-scio”, “-aio”, “-eio”, “-oio”, “-uio” (bacio-baci, vecchio-vecchi, grigio-grigi, mugghio-mugghi, taglio-tagli, uscio-usci, saio-sai, leguleio-legulei, corridoio-corridoi, buio-bui); negli altri casi si preferisce lasciarli invariati.
  7. I femminili in “-cia”, “-gia”, “-scia” (con i atona), sostantivi e aggettivi, fanno il plurale in “-ce”, “-ge”, “-sce” (lancia-lance, saggia-sagge, fascia-fasce), ma l’-i è spesso conservata nella scrittura.
  8. Esistono casi in cui è ammessa la doppia scrittura: provincia-province o provincie, denuncia- denunce o denuncie, grigia-grigie o grige, valigia- valigie o valige, camicia- camicie o camice, ciliegia- ciliegie o ciliege.

Per i nomi composti, invece…

Composizione
Regola
Nome + nome
- se la prima parte è complemento della seconda si fa il plurale della seconda (ferrovia -via di ferro-=> ferrovie).
- se la seconda è complemento della prima, si fa il plurale della prima (pescespada – pesce con la spada=> pescispada).
Nome + aggettivo
Si fa il plurale di entrambi (cassaforte=>casseforti)
Aggettivo + nome
Si fa il plurale del nome (francobollo=> francobolli)
Verbo + nome maschile
Si fa il plurale del nome (grattacielo=> grattacieli)
Verbo + nome femminile
Restano invariati (salvagente­­=> salvagente)
Verbo + verbo
Restano invariati (saliscendi => saliscendi)
Attenzione, perché anche qui le particolarità abbondano.  In particolare:
  1. Non c’è una regola fissa per i composti di “capo”. Ne segue che è necessario o conoscerli tutti a memoria (!) o consultare il dizionario.
  2. Esistono diverse eccezioni alla regola generale. Nel particolare: pomodoro/pomodori (non pomidori  come dovrebbe essere), mezzaluna/mezzelune, pianoforte/pianoforti, pescecane/pescecani, ma anche pescicani (in disuso).

E con questo credo di aver finito.
Invito già chiunque voglia a segnalarmi imperfezioni e casi particolari che potrebbero essermi sfuggiti.
Termino ringraziando la grammatica Treccani, “Comprendere e comunicare” di Bettiroli e Corno e Wikipedia, anche se in alcuni punti non mi ha trovato in accordo.

9 commenti:

  1. Un lavoro da certosina. Complimenti!
    Un appunto. Fa eco al tuo punto 8 (dulcis in fundo), per un certo verso: le regole son fatte per esser disattese. A volte ho letto, valige o camice nella pluralizzazione (licenza linguistica) delle parole . Lo so, nell'ultimo c'è pericolo anche di omografia, ma è quel che si legge ogni tanto. Purtroppo sai che succede? Che gli usi - quando ripetuti - rischiano di inquinare le regole e far crollare le certezze. :(

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  2. Enzo, grazie per i complimenti. A dire la verità questo post ha rischiato di farmi impazzire. Aggiorno l'elenco delle eccezioni e aggiungo anche "ciliegie/ciliege".

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  3. Io sapevo che camicie e camice non potevano essere la stessa parola perché uno dei casi indica la casacca del dottore...
    Questa non la sapevo, thanks!^^

    Moz-

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    1. Infatti ho fatto una breve ricerca in internet e diversi siti riportano quello che dici tu. Penso che sia una dimostrazione di quanto diceva Enzo: l'uso ripetuto inquina la regola... complicato, ma è il suo bello :)

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    2. Vedi, ecco perché amo la lingua italiana :)

      Moz-

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  4. Indubbia è la preziosità di certi repetita.


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  5. ... ehm... toss toss!
    Mi sono riletto.
    Che ruffiano che sono!

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  6. Qualche approfondimento sulla lingua italiana serve davvero. Forse si parla troppo spesso di tecniche narrative e delle ambizioni degli aspiranti scrittori e troppo poco degli orrori che riempiono i testi. D'accordo che qualcosa possa sfuggire, ma non si può nemmeno pensare di scrivere senza prestare attenzione alla grammatica o alla sintassi! Oppure sì? :S

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  7. No Grazia, direi di no! Anzi, direi che è la base da cui partire per costruire.

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