lunedì 22 dicembre 2014

Prima regola dello scrittore esordiente: sii autoconclusivo

Qualche mese fa mi è capitato di parlare con Daniele Imperi a proposito di cosa un editore è stufo di leggere.
Ho seguito poi con piacere le risposte, trovandomi in accordo con quasi tutti i miei colleghi, ma in effetti ho trovato illuminante ai fini di questo blog il commento di Armando Rotondi (Bel-Ami Edizioni).
Il suo ragionamento porta a percepire la pubblicabilità dal punto di vista dell'editore, che ovviamente è più ampio di quello dello scrittore, e sottolinea un piccolo, semplice, indispensabile consiglio: volare bassi.

Se siete scrittori alle prime armi creare una storia troppo ricca rischia di scoprire i lati deboli della vostra tecnica e, comunque, la classica saga (trilogia, pentagogia, decalogia, quello che volete) risulterà molto più difficile da piazzare sul mercato.

Ergo, sarà molto più difficile trovare un editore.

Quindi, su tutti, il primo consiglio che mi sento di dare all'aspirante scrittore fantasy italiano è: sii autoconclusivo.

Ma perché Martin può permettersi di pensare a una storia che si sviscera su sette volumi e l'esordiente italiano no?

Risposta semplice e avvilente al tempo stesso. 

Perdonate la mia avversione per la matematica. Ho la tendenza a procedere per cifre spannometriche (e non potrebbe essere diversamente vista l'imprecisione dei dati ufficiali), ma il ragionamento di base è logico.

Mi rifaccio alle vendite ipotetiche dei volumi delle Cronache nel mercato del Nord America che vengono dichiarate su wikipedia. Prima del 2011, cioè prima dell'uscita della serie televisiva e quando ancora l'ammontare dei volumi dell'intera saga era 4, A Song of Ice and Fire vantava stime di vendita altalenanti a seconda della testata. 
Prendiamo il giornale più pessimista (Il wall street journal), che ci dice che i libri usciti fino a quel momento avevano totalizzato 6.000.000 di copie vendute. Giusto per dare un'idea dell'affidabilità di questi dati, vi dico che il giornale più ottimista ne stimava 15.000.000, quindi più del doppio.
Ipotizziamo che la serie televisiva non sia mai uscita. 
Entriamo nell'ordine di idee che 6.000.000 di copie vendute è una cifra rispettabile, ma non esaltante (dato di cui fatico a capacitarmi, ma tant'è). Un valore comunque medio per un personaggio del calibro di Martin e per il suo editore, se inseriti in un mercato ampio come quello a cui fanno riferimento loro.
Pur con questo valore 'poco soddisfacente', considerando i 4 libri, abbiamo una media di 1.500.000 copie vendute a titolo, ma risulta poco probabile che tutti quelli che abbiano letto il primo volume abbiano scelto di proseguire, per cui, di certo, le vendite saranno state in lieve calo dal primo al secondo, dal secondo al terzo e così via. La nostra media nazionale (perdonatemi, ma non trovo il dato americano), ci dice che il secondo volume arriva a vendere tra il 50 e il 65% delle copie vendute dal primo. 
E se anche Game of Thrones avesse venduto 3.000.000 (perché appunto abbiamo detto che sarà quello che fisiologicamente ha venduto di più rispetto agli altri) e fosse piaciuto tanto da proseguire nella lettura alla maggioranza dei lettori, ecco che i suoi fratelli avranno venduto, rispettivamente: 1.950.000, 1.267.500, 823,875 copie. 

Ora, prendiamo il caso del piccolo, medio (ma anche grande) editore italiano e ricordiamoci un dato fornito dall'AIE. L'80% dei titoli che escono in libreria oggi vende meno di 500 copie. E qui non ci sono bandiere. Non c'è piccolo o grande editore, c'è solo il dato nudo e crudo. 500 copie. La media (alta se si pubblica con un piccolo editore, medio-bassa se si pubblica con un medio editore, almeno secondo la mia esperienza). Poniamo che il primo volume della nostra tri-penta-decalogia si attesti, appunto, sulla media. Se tutto va bene, se il libro piace, il secondo volume venderà 325 copie. Il terzo 81.

81.

Dove 325 per un piccolo editore con numeri da piccolo editore (ovvero stampe sotto le 500 unità) è ancora un buon dato, così non può dirsi per il medio editore (con stampe che vanno in genere dalle 1000 alle 5000 unità). 81, però, è un numero che non lascia scampo. Su stampe 'alte' significa perderci. Su stampe basse significa andare in pareggio (e questo solo grazie all'utilizzo sempre più massiccio della stampa digitale). Il pareggio, per un'attività commercaile, NON è un buon risultato.









8 commenti:

  1. Grazie della citazione :)
    I calcoli sono interessanti e intelligenti, secondo me. Quando sei nel commercio, devi farti due conti, altrimenti rischi.

    Considerando che un autore prenda il 6% del prezzo di copertina e che il libro costi 15 euro, quelle 81 copie gli fruttano 72 euro. Questo tanto per suggerire qualcosa a chi pensa di scrivere romanzi e vivere di quel lavoro.

    Ovvio che io non scrivo per quello, ma molti si illudono ancora.

    Comunque sia, condivido quel pensiero: lasciamo le saghe al futuro, se tutto andrà bene e saremo diventati famosi.

    RispondiElimina
  2. Hai convertito ciò che sapevo in dati più o meno reali. Non avevo mai provato a fare i conti in tasca all'editore in questi termini. Come dici tu, semplice e avvilente, ma del resto viviamo nel mondo reale, che non ha proprio al centro del suo funzionamento la nostra soddisfazione di autori.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Il che, tra l'altro, è un vero peccato. Un autore soddisfatto è un autore che lavora meglio sia in chiave pubblicitaria che sulle sue opere future.

      Elimina
  3. Eppure io vedo sempre più spesso uscire delle nuove serie, anche di esordienti o quasi, come mai?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Se parliamo di piccolissimi editori,soprattutto quando specializzati in fantastico, può essere che non abbiano buon materiale tra cui scegliere diversamente. A me è capitato per i primi manoscritti pubblicati. Poco materiale davvero valutabile e, in mancanza di opere conclusive, ho fatto con quello che di buono è arrivato: due trilogie. La fortuna ha voluto che però entrambe abbiano venduto bene ripagando il rischio.
      Ho notato invece che molti ultimamente ragionano sì su una serie, ma la compongono di volumi completamente autoconclusivi, il cui arco narrativo è spesso distanziato di anni (o chilometri) rispetto gli altri della stessa saga. Tutto ciò permette a ogni libro di vivere una sua vita, senza cadere nella riduzione di vendite di cui parlavo nel post. E' il caso provato di 2 autori Plesio (2 e 1/2, per essere pignoli!).
      Bisogna poi considerare che, di solito, non c'è nulla che imponga all'editore di pubblicare il seguito di una serie e che, a rigor di logica, potrebbe tranquillamente approfittare dell'ondata di entusiasmo che viene dai primi libri e non stampare i successivi. Scelta che non condivido e che si porta dietro tanti aspetti negativi per l'immagine del marchio, ma in effetti è una pratica abbastanza diffusa.

      Elimina
  4. Un buon consiglio che terrò presente per il futuro

    RispondiElimina
  5. Ormai sono già in corso d'opera... pazienza terrò buono questo consiglio per un eventuale futuro romanzo!

    RispondiElimina