sabato 17 maggio 2014

Il narratore

Approfitto di alcune discussioni avvenute negli ultimi tempi, sia interne che esterne alla casa editrice, e apro una serie di post dedicati alla figura del narratore.
Prima di addentrarmi in cosa sia meglio, peggio, più adatto per e cose di questo tipo, penso sia corretto partire dalle basi; dalla sana regola scolastica, iniziamo dunque affermando che il narratore, secondo wikipedia, è "colui che racconta, narra, gli eventi di un certo fatto". 
E fin qui niente di complicato. Quando il termine viene usato in relazione a un testo, però, il narratore diventa la voce del libro; un'entità, per dirla tutta, creata dall'autore per raccontare la storia che ha ideato.

Il narratore può essere:
- Esterno, quando non è coinvolto direttamente nella storia e si limita a raccontarla. 
- Interno, quando al contrario fa parte della storia narrata.

Nel primo caso troveremo una narrazione in terza persona, proposta da gran parte della letteratura, nel secondo caso in prima.
Il maggior vantaggio di un componimento in prima persona risiede nell'empatia che va creandosi con estrema naturalità tra il protagonista e il lettore. È vero che spesso, però, la prima porta con sé alcune difficoltà di lettura.

Innanzi tutto si tratta di un problema d'abitudine.  Essendo abituati a leggere in terza persona, la prima  ci mette in disagio, almeno inizialmente.
In secondo luogo si tratta di un problema di prevedibilità. Se il soggetto narrante sta, appunto, narrando fatti avvenuti in passato, allora be', già alcuni dei possibili finali dobbiamo scartarli a priori per coerenza.
In ultimo, e forse questo è l'aspetto più sottile, rischia di nascere una sorta di non veridicità del racconto. Se è giusto e sacrosanto che il narratore in prima persona descriva i fatti dal suo punto di vista (e ci mancherebbe), è anche vero che la narrazione generalmente si riferisce ad eventi passati. Questo implica che determinati avvenimenti non mostrati (perché all'epoca dello svolgimento sconosciuti al protagonista), comunque hanno plausibilmente avuto modo di essere venuti a conoscenza del narratore al momento del racconto. E dunque? Qui la coerenza stilistica rischia di cozzare con la coerenza narrativa, perché per un narratore sarebbe comunque naturale esporre tutto subito, non nascendo per lui obblighi diversi dal racconto della storia, al contrario di quello che avviene per lo scrittore, che invece ha interesse a rendere la storia più appassionante per i suoi lettori. 

Nonostante questo esistono moltissimi esempi di narrazione riuscita in prima persona. La versione di Barney, (Mordecai Richler), Le avventure di Huckleberry Finn (Mark Twain) e in buona sostanza tutti i libri di Banana Yoshimoto. Per non parlare di uno dei successi del momento, Hunger Games, come mi viene suggerito da Azia dei Demiurghi, che è in parte l'ispiratrice di questo articolo, in origine pensato in maniera molto diversa.

Ma detto questo mi fermerei, lasciando maturare il prossimo post ad ampliamento di questo aspetto della scrittura, ma intanto ditemi,  a voi cosa trasmettono i libri in prima persona?

19 commenti:

  1. A me in prima persona piace un sacco.
    Che poi, bisogna capire che tipo di racconto è, tutto qui.

    Moz-

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  2. Fede religiosa? Principio moralista? O scarsa memoria per ricordare le bugie?
    Non so è che cerco di esser sempre sincero. E poi perdo un sacco de conoscenze e amicizie, ma tant'è...
    Credo che questa disquisizione, sia pure interessante, ma non è vincolante nella scelta del soggetto narratore [1^ o 3^ persona]. Voglio dire che è la storia da raccontare [scrivere] che di volta in volta determina un uso piuttosto che un altro. In fondo prima o terza persona non sono così determinanti nel decretare un buon libro, no?
    Vabbe', Giordana, è stato un piacere confrontarsi con te. Ora i cancellerai, ve'? :(

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    1. Ma no Enzo, fidati che ne sopporto di ben peggio nella vita di tutti i giorni. I commenti sinceri quasi mi commuovono.
      Sempre con sincerità, la pensavo nello stesso modo fino un paio di anni fa. Poi ho avuto la disgraziata idea di aprire Plesio. In principio puntarono il dito sul "fattaccio" alcuni corsi: non m'interessò molto. Poi alcune recensioni, e già la faccenda iniziò a interessarmi di più. In sostanza ora è un tarlo nella mia mente.
      A ben vedere, però, l'argomento più importante per quanto riguarda lo stile narrativo non è tanto la persona, quanto il punto di vista. Ma ci arriveremo, ci arriveremo.

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    2. No aspetta Giordana, spiega. Ovviamente scriver in prima o in terza persona è frutto di una scelta. Tu pensi che, o meglio hai concluso per il tuo percorso, sia un "bivio" cruciale?

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    3. Spesso sì. Devono essere considerate molte cose, in realtà, ma esistono storie più adatte alla prima e storie più adatte alla terza. Autori che riescono meglio con l'una o con l'altra, ma, soprattutto, lettori che digeriscono a fatica una delle due. Nell'utilizzo della terza, soprattutto, si tende spesso a utilizzare una focalizzazione zero (narratore onnisciente), che sembrerebbe ridurre la possibilità d'empatia tra protagonista e lettore.

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  3. Chi racconta la storia? È la domanda che in assoluto mi intriga di più nell'ambito della narrazione. Non per niente il mio blog inizia con una citazione che riguarda (anche) il punto di vista ("... i fatti, come le perle, hanno una loro sensibilità...").
    Per quanto riguarda la prima persona, io mi diverto molto con gli apocrifi sherlockiani, dove la prima persona è d'obbligo. Su una storia lunga mi sono saltati fuori ogni sorta di problemi, linee temporali che si intersecano, ricordi non oggettivi, omissioni volontarie, problemi lessicali... Ne sono uscita esclamando "mai più", anche se continua a pensare che la prima persona, quando funziona ha una forza evocativa senza pari (Memorie d'Adriano docet).

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    1. In effetti credo sia d'obbligo sottolineare che l'uso della prima persona non può prescindere da una forte conoscenza (e padronanza) della narrazione.

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  4. Trovo la prima persona efficace per il coinvolgimento ma un po' pesante sulla lunga distanza, oltre che complicata da gestire. Per questo tendo a creare mescolanze tra terza e prima, per esempio con il protagonista che parla in prima per tutto il romanzo e gli altri personaggi del punto di vista che parlano in terza, oppure con la narrazione tutta in terza ma visioni o sogni in prima. Mi piace molto usare la neutralità della terza persona e anche l'intensità della prima.

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    1. Uno dei miei autori ha usato questa tecnica "mista" nel libro che sta per uscire. Per me può essere una soluzione adatta, ma anche qui la lunga distanza può interferire negativamente. Ogni tanto vorrei poter leggere ancora un libro come facevo una volta, cioè senza farmi tutte queste domande!

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    2. Sai che hai ragione? Una volta che ti poni certi problemi non te ne liberi più. Figurarsi tu che lo fai di mestiere!

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    3. E il punto è che avanzando aumentano :(

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  5. A me personalmente la prima non piace, preferisco l'uso della terza con POV alternati alla Martin, perché permettono di vedere lo stesso personaggio/evento sotto angolature diverse svelando cose inaspettate sui personaggi che altrimenti rimangono nel sotto-testo.


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    1. Penso anch'io sia un ottimo modo per riuscire a mettere a fuoco l'intero usando comunque un fuoco zero, essendo appunto ogni capitolo scritto dal punto di vista del solo pov, ma venendo costituiti i libri da decine di pov diversi (a quanti è arrivato lo Zio? :P).

      Ad ogni modo devo constatare che si tratta comunque di una tecnica difficile da padroneggiare bene, difficilmente viene ben resa da un esordiente.

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    2. Vero! Parlavo più che altro da lettrice... Martin non ricordo quanti POV abbia ormai. In realtà pensavo soprattutto a Rick Riordan, che nella saga degli Eroi dell'Olimpo ne ha usati sette fino a ora, ma l'esempio di Martin è più riconoscibile!

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    3. Vero, non ci avevo pensato. Buono anche l'esempio di Riordan :D

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  6. Dei libri narrati in prima persona, adoro da anni la SAGA DELL'ASSASSINO di Robin Hobb e quella di KUSHIEL di Jacqueline Carrey. Sono entrambi fantasy corposi, divisi in trilogie, e tutto viene narrato in prima persona. Dal punto di vista teorico adoro il fatto che il narratore può anche "mentire" spudoratamente, narrando la sua versione dei fatti che non è necessariamente quanto avvenuto nell'economia della trama generale :D in questi casi, il libro diventa quasi un giallo senza cadavere... e solo alla fine il lettore saprà se il narratore gli servirà la verità o meno ^^ sarebbe davvero divertente giocarci. Come lettrice, spesso la odio per le scene d'azione, in quanto davvero pochi scrittori hanno saputo rendere le situazioni veloci con questo tipo di approccio. Insomma, pro e contro: dipenda da chi racconta ;P

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    1. Indubbiamente dipende da chi racconta.
      Ne "la versione di Barney" direi che la forza sta tutta nel fatto che la narrazione è "sfalsata" e volontariamente esagerata dal narratore.

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    2. Non conosco il testo ma credo che me lo andrò a cercare :D

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